Villa con piscina nel cuore della Romagna

Cà Pelliciano è situata in un'incantevole cornice paesaggistica, circondata da uliveti, vigne e frutteti della collina romagnola. Un luogo speciale per rilassarsi e rigenerarsi, immersi nel silenzio e avvolti dalla natura. Tra Longiano e Santarcangelo di Romagna, due tra i borghi più belli d'Italia, a pochi km dalla riviera romagnola e dalle sue attrazioni. La cura nei dettagli, l'autenticità dei materiali, il sapore della tradizione, la magia di certe atmosfere, l'ospitalità tipica romagnola.

Dove la strada finisce, la pace e la traquillità iniziano...

Cà Pelliciano è posizionata alla fine di una strada sterrata unicamente frequentata dagli ospiti e dagli sporadici amanti delle camminate in campagna. La Villa, di recente ristrutturazione, è in grado di accogliere fino a 8 ospiti in quattro camere da letto tutte con servizi autonomi. Un'ampia cucina e un elegante salotto completano gli interni curati con stile sobrio ed elegante. Ma il vero spettacolo è l'esterno, un ampio parco incastonato nella campagna romagnola, con la piscina ad uso esclusivo, per vivere la natura nella privacy più totale. Cà Pelliciano è una proprietà ad uso esclusivo per chi vuole passare momenti di relax, una vacanza esclusiva, svolgere un meeting di lavoro ristretto, base strategica per raggiungere la vicina fiera di Rimini e Cesena. Un piccolo orto, la possibilità di passeggiare nella curata campagna romagnola, la possibilità di raggiungere le attrazioni della riviera romagnola in pochi minuti.

Cà Pelliciano non è solo una villa con piscina nel cuore della Romagna. C'è tanto di più. C'è tanto amore per il terrritorio e rispetto per le tradizioni. C'è la forza e l'autenticità della Romagna, dolce paese nelle parole del poeta Giovanni Pascoli nativo di queste parti.

Romagna solatìa, dolce paese...

La Romagna di Giovanni Pascoli

Sempre un villaggio, sempre una campagna
mi ride al cuore (o piange), Severino:
il paese ove, andando, ci accompagna
l'azzurra vision di San Marino:

sempre mi torna al cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.

Là nelle stoppie dove singhiozzando
va la tacchina con l'altrui covata,
presso gli stagni lustreggianti, quando
lenta vi guazza l'anatra iridata,

oh! fossi io teco; e perderci nel verde,
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,
gettarci l'urlo che lungi si perde
dentro il meridiano ozio dell'aie;

mentre il villano pone dalle spalle
gobbe la ronca e afferra la scodella,
e '1 bue rumina nelle opache stalle
la sua laborïosa lupinella.

Da' borghi sparsi le campane in tanto
si rincorron coi lor gridi argentini:
chiamano al rezzo, alla quiete, al santo
desco fiorito d'occhi di bambini.

Già m'accoglieva in quelle ore bruciate
sotto ombrello di trine una mimosa,
che fioria la mia casa ai dì d'estate
co' suoi pennacchi di color di rosa;

e s'abbracciava per lo sgretolato
muro un folto rosaio a un gelsomino;
guardava il tutto un pioppo alto e slanciato,
chiassoso a giorni come un biricchino.

Era il mio nido: dove immobilmente,
io galoppava con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente
l'imperatore nell'eremitaggio.

E mentre aereo mi poneva in via
con l'ippogrifo pel sognato alone,
o risonava nella stanza mia
muta il dettare di Napoleone;

udia tra i fieni allor allor falciati
da' grilli il verso che perpetuo trema,
udiva dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema.

E lunghi, e interminati, erano quelli
ch'io meditai, mirabili a sognare:
stormir di frondi, cinguettio d'uccelli,
risa di donne, strepito di mare.

Ma da quel nido, rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero;
io, la mia patria or è dove si vive:
gli altri son poco lungi; in cimitero.

Così più non verrò per la calura
tra que' tuoi polverosi biancospini,
ch'io non ritrovi nella mia verzura
del cuculo ozïoso i piccolini,

Romagna solatia, dolce paese,
cui regnarono Guidi e Malatesta;
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.